San Pio X

Marghera (Ve), 2006

Progettare è cercare di stabilire un dialogo con Lui, o meglio renderci disponibili ai Suoi suggerimenti. Questo dialogo si fa ancor più interessante quando abbiamo meno da inventare ed interveniamo su edifici esistenti, cercando di renderli adeguati alla attuale liturgia e quindi più belli.

Nel “manifesto per costruire la nuova città” Renzo Piano scrive che il punto oggi è riqualificare la periferia degradata più che cercare nuove aree edificabili.

Il pensiero è applicabile a maggior ragione per le chiese della periferia, quelle costruite negli anni ’50/60/70, che si trovano ad ospitare oggi comunità numerose, ma sembrano “autorimesse per anime”, come scrive un noto intellettuale italiano.

La chiesa parrocchiale di Marghera, realizzata nel 1964 e consacrata dal patriarca Albino Luciani è dedicata a S. Pio X. Il quartiere di Marghera è nato come dormitorio per lavoratori, nato in un deserto di cemento e ciminiere della Montedison.

Noi volevamo usare questa occasione per dire al Signore “grazie per la bellezza che ci offri nella natura”. Lo abbiamo fatto reinterpretando il cantico dei 3 giovani ebrei, Anania, Azaria e Misaele, che nella fornace, quindi nel luogo meno adeguato, hanno fatto salire al cielo la loro lode a Dio. Il cantico è diventato una teoria di vetrate che abbraccia l’aula opera dell’artista Anna Boranga. Il lavoro è frutto di un dialogo serrato tra noi e lei, nel confronto coi testi sacri, ai quali cerchiamo di non aggiungere nulla.

Pensiamo sia evidente attraverso questo esempio come si possa utilizzare un linguaggio astratto senza perdere la comprensibilità del messaggio.

Dovevamo pensare anche all’altare, all’ambone , al nuovo fonte ed alla posizione dei poli nel tempio. E poi abbiamo raccontato la storia di Pio X e don Orione, un’amicizia profonda vissuta alla luce di Cristo, attraverso i meravigliosi affreschi di Americo Mazzotta. La chiesa è tornata ad essere Biblia Pauperum.

Ma questo non ci bastava.

Volevamo anche dire “grazie Signore per aver introdotto un tempo divino, la liturgia, nel ciclo naturale delle stagioni, che ultimamente finisce in cenere”.

Un sistema di pannelli intercambiabili raccontano e ricordano alla gente, ormai definita dai ritmi assillanti ed oppressivi della modernità che c’è come un metronomo, il cui ritmo è tarato sulle grandi tappe della vita di Gesù. Questo disegno è stato realizzato da don Lucio Guizzo, il prete che mi ha sposato e che ci ha insegnato la Bellezza dell’arte e delle cose buone che la vita offre, accompagnandoci a gustarle. Potremmo dire che guardando Lui abbiamo imparato lo stupore, fonte unica delle nostre opere più riuscite.

In collaborazione con Anna Boranga, Americo Mazzotta, don Lucio Guizzo e Gianni Aricò